L'idea era quella di provare il Supercouloir integrale con attacco diretto, anche se l'incognita della discesa dalla via normale del Tacul non infondeva troppa sicurezza data la valangosità dei suoi pendii. Parto per Aosta e raggiunto il buon Rick mi viene un'idea più consona al periodo. Dormiremo al Rifugio Torino per attaccare il giorno dopo il Super con attacco integrale ma con calata dalle comode soste a fix alla fine delle difficoltà per poi sciare giù per la Vallèe Blanche e dormire a Chamonix. Saremmo poi risaliti al rifugio Plan des Aiguilles e da li la Rebuffat-Terray sulla nord dei Pelèrins, con successivo rientro con autobus a Courmayeur. Si parte.
Arriviamo al rifugio Torino che con la sua nuova gestione ha tutta un'altra aria, finalmente! E si mangia anche bene. Ci svegliamo presto per raggiungere l'attacco del Super, e le temperature sembrano buone. Arrivati alla crepaccia terminale, enorme e strapiombante, comincio a ravanare per trovare un passaggio. Salto giù su un ponte di neve che quasi sfondo col mio peso, ma la neve che strapiomba sopra di me non offre sostegno per le picche, risalgo e ritento più a destra dove salendo su un altro blocco di ghiaccio questo cede e riesco a saltarne via appena in tempo. Va bene, tentiamo una variante su roccia più a destra. Parto su per una fessura ostica e mi porto su placche con piccole tacche, sosto e Rick mi raggiunge per poi portarci sotto all'attacco diretto della via. Abbiamo perso molto tempo e le temperature sono aumentate esponenzialmente. Una colata d'acqua sta già colando giù per la via, e due francesi sopra di noi ci scaricano addosso una marea di ghiaccio. Ci ritiriamo, non ci sono good vibes.
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Attacco del Super. Shot: R. Di Ninni |
Sciamo giù per la bellissima Vallèe Blanche che non ho ancora mai fatto, e in mezzo a un pò troppa gente arriviamo a Chamonix, la New York delle Alpi.
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Orde sulla Vallèe Blanche. |
Facciamo giusto in tempo a prendere l'ultima benna per il Plan des Aiguilles dove conosciamo Charlie e Pete, anche loro diretti alla Rebuffat-Terray, aka Carrington-Rouse, in riferimento alla prima salita invernale della via.
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Chamonix by day. |
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Chamonix by night. |
Il mattino seguente, pellando in direzione dell'austera parete, i due inglesi decidono di ritirarsi: fa troppo caldo dicono. E allora ecco che la decisione spetta anche a noi due. Ritirarsi? Non ancora, andremo almeno a vedere da vicino questa mitica arena di mixte climbing. Non siamo convinti, ma una forza magnetica ci attira a sé, poco alla volta. Ci fermiamo molte volte col naso all'insù, e Rick mi da qualche argomento da masticare come cornici pericolose e temperature in aumento. Abbiamo già perso molto tempo, ma continuiamo su per il ripido pendio, ormai inconsciamente sicuri che attaccheremo. In fin dei conti il sole qui non batte e le temperature sono comunque sui -3 gradi. Quando questa certezza diventa cosciente partiamo, ormai alle 9:00 passate, e di colpo ecco spuntare quattro paia di sci che velocemente salgono verso di noi. Rick parte e si infila subito in un'ostica sezione di misto delicato e poco proteggibile, passando troppo a destra. Perdiamo altro tempo prezioso, e in basso vediamo ancora altri quattro con le medesime intenzioni. Cambiamo assetto mentale e scaliamo di corsa il lungo pendio nevoso che ci porta alla base della prima goulotte, stretta e in ottime condizioni. Parto per il primo tiro, poco proteggibile, e con il primo di una lunga serie di sleghi arrivo in sosta. Ripartito Rick per il tiro successivo, il capocordata di quello che è un corso guide del Trentino mi raggiunge in sosta.
Decidiamo di aumentare l'andatura e li stacchiamo, e qualche tiro dopo li vediamo buttare giù le doppie insieme a tutti gli altri. Siamo soli sulla parete e l'ambiente diventa di colpo un pochino più austero. I tiri sono spesso lunghi e con lunghe sezioni protette da non più di cinque chiodi da ghiaccio che spesso toccano troppo presto la roccia. Siamo diventati parte della parete, saliamo veloci e calmi, ma questa bolla di perfezione ha impercettibilmente appena cominciato a degradarsi: abbiamo portato troppa poca acqua. Io in particolar modo ho bevuto veramente poco, neanche un litro in tutta la giornata. Ed ecco che su un lungo tiro di 60 metri su ghiaccio fine mi crolla addosso tutta la stanchezza nei polpacci resi duri da ore sulle punte dei ramponi. Siamo quasi in cima, ma veramente disidratati. Guardo su e vedo un ripido diedro quasi total dry. Stanco come sono, mi pare veramente duro. Meno male che Rick, raggiuntomi, ha ancora le energie per ripartire con la giusta convinzione. Supera difficoltà sull'M5 o M6, anche se probabilmente la stanchezza lo ha reso più duro ma per fortuna decentemente proteggibile, e mi appresto a seguirlo per poi rilanciarmi in direzione del colle, ormai ad un tiro di corda. Ma la disidratazione mi ha veramente stroncato, e arrivo con qualche difficoltà a poco più di dieci metri dalla fine a una scomoda sosta appesa sotto uno strapiombo. Da qui dovremmo pendolare a sinistra e risalire gli ultimi metri su terreno moderatamente facile, ma decidiamo di cominciare la lunga discesa, che sappiamo finiremo al buio con le frontali saggiamente portate. Il pomeriggio comincia poco a poco a lasciare spazio al crepuscolo, e un forte vento sommitale inizia a scaricarci addosso spindrift sempre più carichi. Le temperature cominciano ad abbassarsi notevolmente, e i moschettoni a gelarsi. Doppia dopo doppia su soste soddisfacenti ma comunque da verificare, i nostri guanti hanno la faccia tosta di cominciare a verglassarsi. Quando tiriamo fuori le frontali, in un breve intervallo tra uno spindrift e un altro, mancano ancora una decina di doppie, rese lente dalle condizioni decisamente "sfavorevoli". Ed ecco che prontamente la frontale di Rick si spegne di colpo! Vado avanti in cerca delle soste, e al buio Rick mi raggiunge. A una sosta vediamo macchie di sangue sulla neve.. Certi spindrift sono così forti che a momenti sembra che ci strappino via dalla parete, e addirittura respirare diventa difficile. Per compiere ogni azione ci mettiamo il triplo del tempo, a tratti non vediamo che un alone bianco dalla mia frontale e gli oggetti ci sfuggono dai guanti irrigiditi. Ma siamo tranquilli, io ringrazio l'esperienza con Franz sullo Spallone del Becco!
Raggiungeremo gli sci totalmente coperti di ghiaccio e neve, stanchi, disidratati e con i polpacci tramortiti, ma felicissimi. Io ho accusato una forte disidratazione, tanto che il mattino dopo i miei battiti al risveglio erano superiori alla norma di 20 bpm! Altra lezione imparata nel migliore dei modi: sulla propria pelle!
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All'inizio delle difficolta'. Shot: R. Di Ninni |
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Rick segue nella sezione centrale. |
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Psycho vertical. Shot: R. Di Ninni |
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Il punto da dove si è ritirata la cordata dietro di noi. |
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Condizioni fantastiche! |
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La stanchezza comincia a farsi sentire. |
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Rick sul tiro chiave. |
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Seguo sul tiro chiave. |
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Tiro chiave. |
Freddo! Shot: R. Di Ninni
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Ultimo tiro. Shot: R. Di Ninni |
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Materiale per una multidays sul Bianco. Shot: R. Di Ninni |
La via: Rebuffat-Terray (Carrington-Rouse) V, 5, M, 550m
Materiale consigliato: 5 chiodi da ghiaccio corti (condizioni attuali con molto ghiaccio), friend C3+C4 #0.3-3, nut
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