Cima Jazzi: Via del Triangolo

Macugnaga: ci ritroviamo io Rick e Diego, ormai un consolidato team da remote vie di roccia d'antan. A dire il vero Rick chiama in ritardo per avvertire che arriverà in ritardo, sarebbe strano l'opposto. Faccio al volo lo zaino e con Diego acchiappo una delle ultime seggiovie per il Belvedere. La mossa ci risparmierà un pò di dislivello, e ci incamminiamo per vaghe tracce di sentiero in direzione del nido d'aquila qual'è il povero e decaduto rifugio E. Sella. Mi sembra quasi una finestra su di una realtà post apocalittica, dove piccole testimonianze di civiltà passate, ormai fortemente degradate, danno qualche parco ricovero ad anime erranti curiose di sapere se ci sarà qualcosa o qualcuno dietro l'ennesima barricata di montagne. Uno stambecco panciuto ci viene incontro a vedere che tutto sia a posto. 
Ceniamo e comincia a farsi buio, usciamo a vedere se si intravede la frontale di Rick sui pendii sottostanti. Stavolta ha superato tutte le aspettative di ritardo, e verso le 22:15 vediamo una lucina che avanza in mezzo a pietraie e nevai. Fa freddo e rientriamo.

La via vista di lato, dal rifugio E. Sella.

Da sx: Pizzo Bianco, Punta Grober, Punta tre Amici, Punta Gnifetti, Punta Zumstein.


Cominciamo a mettere in ordine il materiale per l'indomani, e mi accorgo di un dettaglio: non ho le scarpette!! Poco male, le recenti letture delle avventure del leggendario alpinista scozzese Hamish McInnes mi mettono dell'animo giusto per farne poco conto. Arrampicherò come ultimo di cordata sui tiri più duri (che dovrebbero arrivare fino al VII) e batterò traccia sui nevai superiori. Ci addormentiamo nel comodo dormitorio e ci alziamo di buon'ora per ridiscendere un tratto di ripida pietraia fino all'evidentissimo attacco della via che passa dentro ad un buco, inizialmente contornato da del ghiaccio effimero. 

L'attacco.


Rick parte con un tiro e ci guida poi di conserva su per colatoi in cima al lungo zoccolo basale. Il triangolo che ci sovrasta è verticale e strapiombante, impressionante, e noi ci passeremo nel bel mezzo. Rick parte per il primo tiro impegnativo, poco proteggibile e infido, per sostare all'inizio di una lunga rampa. La prima sosta è su un chiodo marcio e un C3, non proprio il massimo, io che arrampico con un vecchio paio di scarponi larghi e bucati devo fare attenzione a non scivolare! La roccia ora migliora sensibilmente, e la via comincia ad impennarsi seriamente. Alla prossima sosta siamo appesi, ma un enorme chiodo scintillante ci da buone sensazioni. Da qui dovremmo pendolare a destra, ma si riesce a passare in libera con passi sul VII. Ci addentriamo nel cuore della via, su per fessure strapiombanti e muri verticali. Penso a F. Jacchini che ha fatto Pecetto-Cima Jazzi-Pecetto per la nostra via in 4':14", come pure la prima solitaria invernale. E guarda caso tra gli apritori della via c'è proprio suo padre!

Ambiente grandioso.

Rick nel cuore della via.

Roccia solida!


Qualche chiodo ci indica la via, affinché ci cominciano a portare a sinistra per poi scomparire del tutto. Rick torna indietro da un traverso, perplesso, e ci sforziamo ad interpretare la via. Sopra di noi molte fessurine che vanno incontro a strapiombi, inframmezzati da placche liscissime. Decidiamo di tornare sul traverso, e proseguiamo fino al margine sinistro del triangolo. Ora parte Diego, su di una placca con microappigli poco proteggibile, e va a superare uno strapiombo per poi farsi perdere di vista. Continua a lungo, fino a quasi finire le corde, quando una voce distante ci urla di partire. La placca mi da da pensare con gli scarponi, e continuiamo fino ad aggirare uno spigolo e trovarci su di un aereo e faticoso strapiombo, che una volta risalito porta alla fine delle difficoltà: un ultimo tiro facile e siamo in cima alla parete!

In sosta prima dell'ultimo tiro impegnativo.

Diego attacca la placca dell'ultimo tiro impegnativo.


Le difficoltà sono finite!


Arrivati sulla verticale del triangolo, osserviamo ammutoliti un enorme scarica che travolge una delle due vie di discesa, la storica via delle guide. Sarebbe rapidissimo ma è molto pericoloso, e comunque la vetta chiama dolcemente. Guido la cordata su per pendii di ghiaccio nero, risalti di roccia e il nevaio prima della barra rocciosa finale. Intravediamo la ferrata utilizzata dagli operatori del gatex installato nelle vicinanze, la prima parte è malridotta, il cavo d'acciaio penzolante su di uno strapiombino. Con qualche faticosa bracciata lo risaliamo e ci conduce alla vetta, dove si apre una delle vedute più incredibili dell'arco alpino. Siamo stanchi e il vento è freddo, ma rimaniamo li un poco a cercare di metabolizzare quanto più che i nostri occhi riescano ad avvolgere. La discesa da questo punto è lunga, dobbiamo attraversare il Findelgletscher per reperire il prezioso passo Jacchini, che ci riporterà al rifugio, e dove io e Rick decideremo di restare a dormire per crogiolarci ancora un po' in mezzo a quelle vastità. 


L'occhio è indeciso sul dove soffermarsi. In lontananza, nel centro, il Monte Bianco.


La via:

Via del Triangolo, 1050m di cui 350 per il triangolo, TD+, VII

Raggiungere lo zoccolo del "triangolo" della cima Jazzi, evidente sin da Macugnaga. Un evidente foro indica il passaggio, e risalire per colatoi e risalti facili fino ad arrivare alla base della parete. Verso sx si vede un tiro verticale che porta ad una rampa ascendente verso sx, dove si sosta. Risalire la rampa fino ad un evidente sosta, traversare qualche metro sotto verso sx e risalire per una evidente spaccatura. Sosta in alto a dx. Da qui ripartire in leggero obliquo a sx, superando degli strapiombini, e da qui noi abbiamo traversato molto a sx fino ad una comoda cengia dove si sosta. Da qui superare la liscia placca, superare uno strapiombo, spostarsi leggermente ancora a sx e salire dritti fino a sostare al termine delle difficoltà. Da qui verso dx e su dritti fino alla vetta del triangolo. Da qui si può ridiscendere dalla via delle guide, molto rapidamente, se le condizioni lo permettono. Altrimenti continuare per la vetta tenendo il filo di cresta dei nevai, puntando alla vetta. L'ultima barra si supera con l'aiuto di una ferrata. Dalla vetta si attraversano i ghiacciai che portano al passo Jacchini, e da qui su facili blocchi e qualche catena si ritorna al rifugio E. Sella.

Materiale consigliato: Qualche chiodo, nut, friend C3, C4 fino al 2-3. Ramponi e picca per la discesa. 





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